La guida dei perplessi by Mosè Maimonide

La guida dei perplessi by Mosè Maimonide

autore:Mosè Maimonide
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2012-12-31T16:00:00+00:00


1. Cfr. qui sopra, parte II, cap. 13 (p. 361).

2. Cfr. qui sopra, parte II, cap. 4 (p. 334).

CAPITOLO XXII

È una proposizione sulla quale concordano Aristotele e tutti coloro che filosofano quella secondo cui ad una cosa semplice non [221,15] può conseguire se non una sola cosa semplice1, e che ad una cosa composta conseguono diverse cose, a seconda del numero di cose semplici di cui essa è composta. Per esempio, al fuoco, nel quale vi è la composizione di due qualità — il calore e la secchezza — consegue il fatto di riscaldare con il suo calore, e di seccare con la sua secchezza. Parimenti, alla cosa composta di materia e forma conseguono, se è composta di molte cose, alcune cose in ragione della sua materia, e altre cose in ragione della sua forma. Conformemente a [221,20] questa proposizione Aristotele dice che a Dio non consegue primariamente che un solo intelletto semplice, e nient’altro.

La seconda proposizione è quella secondo cui a qualsiasi cosa non consegue una qualsiasi cosa, a caso, ma vi è sempre, necessariamente, una qualche relazione tra la causa e la cosa da essa causata. Persino agli accidenti non accade che uno qualsiasi di essi consegua a qualsiasi altro accidente, a caso — per esempio, la quantità alla qualità, o la qualità alla quantità. Parimenti, alla materia non consegue una forma, [221,25] e alla forma non consegue una materia.

La terza proposizione è quella secondo cui ogni agente che operi secondo un’intenzione ed una volontà, e non per natura, opera molte azioni diverse.

La quarta proposizione è quella secondo cui l’insieme composto di diverse sostanze adiacenti è composto meglio di un insieme composto di diverse sostanze mescolate: per esempio, l’osso, la carne, la vena o il nervo sono più semplici dell’insieme rappresentato dalla mano o dal [221,30] piede, che sono composti di nervo, carne, vene e ossa. Questo è troppo evidente per dover aggiungere altro [222,1] al riguardo.

Dopo queste premesse, dirò che se Aristotele dice che l’intelletto primo è causa del secondo, il secondo è causa del terzo, e così via, anche se i gradi dell’intelletto fossero mille, l’ultimo di questi intelletti è senza dubbio semplice; ma allora, da dove viene la composizione che si trova negli enti di quaggiù in virtù della consequenzialità necessaria, come pretende Aristotele? Noi gli concediamo tutto [222,5] ciò che egli dice ipotizzando che, quanto più gli intelletti si allontanano, tanto più nasce in essi una composizione di diversi concetti, e quindi i loro intelligibili diventano molti; ma, anche se ci associamo a lui in questa ipotesi congetturale, come possono gli intelletti diventare cause dei cieli che derivano consequenzialmente da essi? E qual è la relazione tra la materia e la cosa separata, che non ha affatto una materia? Posto che noi concediamo che ogni cielo abbia per causa un intelletto, nella forma che abbiamo detto, dato che quell’intelletto avrebbe in sé una composizione, giacché concepirebbe intellettualmente sé stesso e qualcos’altro [222,10] come se fosse composto di due cose — quella da cui deriva



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